Il gioco serio dell'arte by AA. VV

Il gioco serio dell'arte by AA. VV

autore:AA. VV.
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR


VA

Creusa è un personaggio straordinario, relegato in un angolo del dipinto, ma in realtà cruciale per costruire l’unità della famiglia, per completare quella trinità maschile costituita da nonno, padre e figlio.

Se Creusa si perde, questo accade perché accetta il proprio destino, necessario a chi ama. Lo fa per loro. Nel racconto di Virgilio, Creusa appare a Enea come un fantasma. Egli la vede alta, bella, e ne è quasi atterrito. La incontrerà di nuovo nella sua discesa agli inferi, dove sarà lei stessa a predire il suo futuro e a dirgli che gli spetta il destino di fondare una nuova città, Roma, e sposare una moglie di sangue reale. il gesto con cui Creusa si ritira per il bene del marito e per il futuro della stirpe fa di lei un’eroina meravigliosa.

L’eroe, che nasce dalla cultura classica prima greca e poi latina, è una figura che affascina e conquista, ma al tempo stesso mostra un aspetto fragile, persino drammatico.

Pensiamo a Ettore, per esempio, che durante la battaglia, a un certo punto, comprende che le cose stanno andando male; allora, si allontana dal campo ed entra dentro le mura della città per vedere la vecchia madre e chiedere a lei e alle donne di pregare per il momento terribile che si avvicina. Quasi che le invocazioni femminili fossero più ascoltate dagli dèi.

Mentre Ettore cammina, consapevole ormai della disfatta e della morte imminente, avviene il bellissimo incontro con la moglie Andromaca e il figlio Astianatte. Una scena “affrescata” nei versi dell’Iliade.

Andromaca sente il pericolo e cerca di trattenerlo. intanto, il bambino piange, perché non riconosce suo padre sotto l’elmo. Allora Ettore lo sfila, mostra il viso al figlio e lo prende in braccio.

Qui emerge una differenza fondamentale tra maternità e paternità: se Andromaca stringe il bambino tra le braccia, al seno, per proteggerlo, Ettore lo alza verso il cielo, porgendolo agli dèi, mentre pronuncia quella frase commovente: «Spero che un giorno diranno di te che sei stato migliore di tuo padre».

Sarebbe bello che tutti i padri dicessero questo ai loro figli.

Dall’altra parte c’è Achille, un eroe vincente, in apparenza imbattibile. Eppure Achille mostra una fragilità spaventosa. Dopo aver ucciso Ettore, non sazio, ne martoria il corpo trascinandolo dietro il carro.

Ha finalmente trionfato in una guerra che dura da dieci anni, una guerra che ha cambiato e cambierà per sempre il destino dei Troiani. Eppure, sceglie un comportamento che è in fondo meschino: con quel suo gesto, Achille rivela di essere un uomo che vuole ammazzare chi ha già ammazzato. Non gli basta vincere, vuole stravincere.

Sia nella vicenda di Ettore che in quella di Achille, l’eroe s’incarna nella forza capace di realizzare compiti fondamentali per un intero popolo, ma cede e manifesta un’immane debolezza. Per questo mi ricorda i ragazzini che incontro negli istituti per minori, giovani e giovanissimi che si sono resi colpevoli di azioni terribili, molto più grandi di loro. L’omicidio è un gesto titanico, non umano. Nel giro di pochi minuti, mentre rivolgo loro alcune domande, li vedo piangere come bambini, bisognosi di consolazione.



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